Una radiografia del mondo d’oggi, triste. L’edizione 2017 del rapporto annuale delle Nazioni Unite sulla sicurezza alimentare e la nutrizione nel mondo lancia l’allarme: dopo un costante calo da oltre 10 anni, la fame nel mondo nel 2016 è di nuovo in crescita e colpisce l’11% della popolazione mondiale, ossia 815 milioni di persone, 38 milioni in più rispetto all’anno precedente.
Di questi 815 milioni: 520 milioni vivono in Asia, 243 milioni in Africa e 42 milioni in America Meridionale e Caraibi.
"Chi ha fame non viene fermato con gli eserciti bensì con lo sviluppo.
Sono ben 489 milioni le persone che vivono in Paesi con conflitti mentre 155 milioni di bambini sotto i cinque anni d’età sono sottosviluppati e di questi ben 122 milioni vivono in Paesi in guerra mentre 52 milioni soffrono di deperimento cronico.
A livello mondiale, un bambino su quattro è rachitico, cioè assai meno sviluppato (non solo in senso fisico ma cognitivo, emotivo…) di quanto dovrebbe essere perché vittima della malnutrizione cronica (“fame nascosta”) e/o di gravi carenze ambientali di salubrità e di igiene.
L’incremento del numero degli affamati è dovuto principalmente a: proliferazione dei conflitti; carestie e siccità causate dai mutamenti climatici; crisi non solo economica bensì vera “metamorfosi” in atto a livello mondiale; marginalizzazione dei piccoli produttori agricoli a beneficio delle trans-nazionali dell’alimentazione; urbanizzazione e disoccupazione che alimentano il fenomeno migratorio; finanziarizzazione dell’economia globalizzata (che è la vera base delle sperequazioni crescenti tra ricchi e non, oggi); il dominio del capitalismo finanziario; il blocco dei meccanismi dell’ascesa sociale…
Per contro – continua il rapporto ONU – l’obesità colpisce nel mondo 641 milioni di adulti e 41 milioni, in gran parte – ovviamente – nei Paesi “ricchi”.
Etnie nel futuro
Relativamente al continente africano, esso oggi ha una popolazione stimata in circa un miliardo e 200 milioni di persone. Tenuto conto che l’età media di questi africani è di 19 anni (contro i 45 anni dell’Italia), entro il 2050 la popolazione del continente è destinata a raddoppiare: nel 2050 sarà africano un abitante su quattro del pianeta terra. E nel 2100 un abitante su 3 avrà la pelle “nera”. La sola Nigeria nel 2050 avrà più di 300 milioni di abitanti: superando Pakistan e USA diverrà il terzo Paese più popoloso del mondo (dietro Cina e India). Oggi l’Africa – in rapporto alle sue dimensioni – resta però un continente sottopopolato (33 abitanti per Kmq) mentre le sue potenzialità di sviluppo sono enormi: si pensi che ha il 60% delle terre coltivabili e il 65% delle risorse naturali non ancora sfruttate del pianeta.
Eppure molti Paesi africani non riescono a far fronte alle crescenti spese per l’assistenza sanitaria e l’istruzione (sempre più “privatizzate”, cioè accessibili solo ai ricchi): sperequazioni sociali, corruzioni, guerre, marginalizzazione dell’agricoltura e della piccola/media industria, assenza di finanziamenti per comunicazioni e trasporti, sistematiche rapine di materie prime da parte delle potenze detentrici di tecnologie e capitali…
Una “economia che uccide”, come dice papa Francesco, anche perché molti sono i Paesi (non solo del “Terzomondo”) vittime della “cleptocrazia” (Paesi in cui il potere è in mano ai ladri).
Un altro rapporto 2017 segnala che nel mondo d’oggi vi sono otto super miliardari che possiedono la stessa ricchezza della metà della popolazione del pianeta, cioè 3,6 miliardi di persone: una povertà che chiede, che esige GIUSTIZIA!
Finalmente una notizia relativamente bella: il 19 ottobre 2017 le Nazioni Unite hanno pubblicato un rapporto secondo cui nel mondo il numero di bambini morti al di sotto dei 5 anni diminuisce: dai 9,8 milioni dell’anno 2000 si è scesi ai 5,6 milioni del 2016 di cui il 39% in Asia e il 38% in Africa. È in solidarietà con alcune comunità di questi Paesi “impoveriti” (e dunque in miseria) che abbiamo inteso continuare a camminare anche nello scorso anno 2017, nella convinzione che chi ha fame non viene fermato con gli eserciti bensì con lo sviluppo. E a quanti – in Europa ed in Italia – si oppongono (per xenofobia, ignoranza, egoismo, razzismo) ai “popoli in cammino” diciamo che il contrario della tristezza non è la gioia bensì l’incontro con l’altro.
Piergiorgio Gilli
presidente MSP