In Costa d’Avorio un vasto e prolungato incrocio tra autoctoni (forse pigmei) e popolazioni immigrate (prima i meglio organizzati bantu delle aree centro-ovest, poi le più evolute genti del nord, malinke, diula, voltaici), ha dato origine a una molteplicità di gruppi e sottogruppi etnici, diversi per aspetto, lingua e costumi.
Nel Paese vivono circa sessanta popoli che parlano oltre venti lingue e una cinquantina di dialetti.
Tra i principali gruppi si segnalano
- baule, agni, abron, nell’area centro-orientale
- dan, guere, guro, bete, nell’area centro-occidentale
- mande, senufo, lobi, kulango, nel territorio del nord
L’organizzazione familiare e sociale, gli usi e i costumi hanno percorsi e concezioni piuttosto comuni. Non mancano differenze dovute alla prevalente influenza, in alcuni casi, della popolazione d’origine, per esempio la matrilinearità nei gruppi akan.
In queste società molto diverse tra loro, ma integrate attraverso secoli di frequentazione con rapporti di lavoro e di commercio, nonché con vincoli di parentela e di amicizia, le concezioni cosmogoniche, i principi di convivenza umana, la religione con il culto degli antenati, si sono reciprocamente modificati con elementi unificanti e si sono attenuate le differenze.
Ovunque nella Costa d’Avorio la ritualità è molto praticata. Le cerimonie, con l’aiuto di sculture lignee e con danze e maschere, rappresentano il contatto più stretto col mondo soprannaturale.
Gli oggetti rituali hanno stile e fine differenti tra le diverse popolazioni. È caratteristica abbastanza comune il naturalismo e il realismo, nonchè, presso alcuni gruppi, la finezza d’intaglio e la levigatezza della superficie. L’espressione artistica è sostanzialmente diversa rispetto all’essenzialità e all’astrattismo di altre etnie del Sudan settentrionale e del Centro Africa Occidentale.
Qui alcuni deglii oggetti custoditi all’interno del Museo dei Cam Sa.Fa. a Chieri.
